Calcio
INTER - Bastoni promuove Chivu: "Ha colto subito il modo giusto di entrare nel gruppo"
18.11.2025 18:21 di Redazione
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Alessandro Bastoni si racconta a “Undici” e apre una finestra sul presente dell'Inter e sul suo percorso personale. Il centrale analizza l'impatto di Cristian Chivu nello staff, torna sulla trasformazione del suo ruolo, parla della gestione dell'equilibrio mentale e della responsabilità maturata nello spogliatoio. Sullo sfondo rimane la finale di Champions di Monaco, una ferita che diventa spinta per riprovarci.

Bastoni promuove senza esitazioni l'approdo di Cristian Chivu: "Ha avuto un approccio molto positivo. È una persona valida, un ragazzo eccezionale che ha tanta voglia di lavorare - ha dichiarato -. Ci trasmette le cose nella maniera giusta e ha colto perfettamente il modo migliore di entrare nel gruppo". Un riconoscimento importante, dato da uno dei riferimenti tecnici e caratteriali dello spogliatoio nerazzurro.

Il numero 95 torna poi sulla sua evoluzione tattica del suo ruolo. "Nell’immaginario collettivo il difensore difende e basta, ma non è il mio caso. Mi piace fare molto altro, mi viene naturale", ha spiegato. Il modello è Tolói, osservato ai tempi del settore giovanile dell'Atalanta, dove la tecnica è parte integrante della formazione. Già con Conte, spiega Bastoni, aveva iniziato a interpretare il ruolo in modo diverso. Con Inzaghi e con compagni come Dimarco e Mkhitaryan il sistema poi si è esaltato: "Sono schemi che ci vengono in modo naturale e che il tempo ha elevato all’ennesima potenza. Io mi reputo un giocatore intelligente, capace di leggere bene le situazioni. Inizio sempre in difesa, poi in partita mi muovo in base a ciò che serve".

Tra i temi più delicati affrontati durante l'interista c'è anche l'importanza dell'equilibrio mentale. Bastoni lo affronta senza retorica: "Un giorno sei fortissimo, quello dopo sei scarso. Ogni domenica devi dimostrare quello che vali. L'esperienza mi ha insegnato che serve equilibrio". Nessun peso psicologico, anzi: "Non ho mai sentito la pressione. Vivo tutto con la gioia di fare ciò che mi piace. Mi basta la famiglia, che mi dà la giusta leggerezza". Una stabilità che considera parte integrante del suo rendimento.

Sette stagioni in nerazzurro significano crescita, responsabilità e cambiamento. "Quando sono arrivato avevo vent'anni. Era un sogno vedere lo stemma dell'Inter sulla maglia, ma non potevo avere quella personalità. Ora invece sì", ha raccontato Bastoni. Il riferimento va ai modelli di allora: Handanovic, D’Ambrosio, Ranocchia. Oggi il ruolo si è invertito: "Quello che loro sono stati per me, io lo sono per i più giovani. Lautaro è il capitano, ma è bravo a farsi aiutare. Anche io e Barella ci facciamo sentire". In particolare Bastoni rivendica un merito preciso nello spogliatoio nerazzurro: "So indirizzare i nuovi nella direzione giusta, far capire cosa ci aspettiamo. Con Pio Esposito stiamo cercando di dargli una mano, ma per ora non ce n’è stato bisogno: è molto tranquillo".

Impossibile ignorare la finale persa contro il PSG. Bastoni non si nasconde: "È stata una cosa strana. Venivamo da una semifinale storica, ma loro andavano al doppio. È come se non avessimo colto subito quanto fossero forti". Rimane l’amarezza, ma anche l’orgoglio: due finali in tre anni non sono un traguardo banale. E soprattutto rimane la spinta e la voglia di ritentare: "Non abbiamo dormito per giorni, ma il calcio ti dà sempre un'altra occasione. Quando passa il tempo ti dici: ci voglio riprovare. Con un gruppo sano è tutto più facile".

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INTER - Bastoni promuove Chivu: "Ha colto subito il modo giusto di entrare nel gruppo"

di Redazione

18/11/2025 - 18:21

Alessandro Bastoni si racconta a “Undici” e apre una finestra sul presente dell'Inter e sul suo percorso personale. Il centrale analizza l'impatto di Cristian Chivu nello staff, torna sulla trasformazione del suo ruolo, parla della gestione dell'equilibrio mentale e della responsabilità maturata nello spogliatoio. Sullo sfondo rimane la finale di Champions di Monaco, una ferita che diventa spinta per riprovarci.

Bastoni promuove senza esitazioni l'approdo di Cristian Chivu: "Ha avuto un approccio molto positivo. È una persona valida, un ragazzo eccezionale che ha tanta voglia di lavorare - ha dichiarato -. Ci trasmette le cose nella maniera giusta e ha colto perfettamente il modo migliore di entrare nel gruppo". Un riconoscimento importante, dato da uno dei riferimenti tecnici e caratteriali dello spogliatoio nerazzurro.

Il numero 95 torna poi sulla sua evoluzione tattica del suo ruolo. "Nell’immaginario collettivo il difensore difende e basta, ma non è il mio caso. Mi piace fare molto altro, mi viene naturale", ha spiegato. Il modello è Tolói, osservato ai tempi del settore giovanile dell'Atalanta, dove la tecnica è parte integrante della formazione. Già con Conte, spiega Bastoni, aveva iniziato a interpretare il ruolo in modo diverso. Con Inzaghi e con compagni come Dimarco e Mkhitaryan il sistema poi si è esaltato: "Sono schemi che ci vengono in modo naturale e che il tempo ha elevato all’ennesima potenza. Io mi reputo un giocatore intelligente, capace di leggere bene le situazioni. Inizio sempre in difesa, poi in partita mi muovo in base a ciò che serve".

Tra i temi più delicati affrontati durante l'interista c'è anche l'importanza dell'equilibrio mentale. Bastoni lo affronta senza retorica: "Un giorno sei fortissimo, quello dopo sei scarso. Ogni domenica devi dimostrare quello che vali. L'esperienza mi ha insegnato che serve equilibrio". Nessun peso psicologico, anzi: "Non ho mai sentito la pressione. Vivo tutto con la gioia di fare ciò che mi piace. Mi basta la famiglia, che mi dà la giusta leggerezza". Una stabilità che considera parte integrante del suo rendimento.

Sette stagioni in nerazzurro significano crescita, responsabilità e cambiamento. "Quando sono arrivato avevo vent'anni. Era un sogno vedere lo stemma dell'Inter sulla maglia, ma non potevo avere quella personalità. Ora invece sì", ha raccontato Bastoni. Il riferimento va ai modelli di allora: Handanovic, D’Ambrosio, Ranocchia. Oggi il ruolo si è invertito: "Quello che loro sono stati per me, io lo sono per i più giovani. Lautaro è il capitano, ma è bravo a farsi aiutare. Anche io e Barella ci facciamo sentire". In particolare Bastoni rivendica un merito preciso nello spogliatoio nerazzurro: "So indirizzare i nuovi nella direzione giusta, far capire cosa ci aspettiamo. Con Pio Esposito stiamo cercando di dargli una mano, ma per ora non ce n’è stato bisogno: è molto tranquillo".

Impossibile ignorare la finale persa contro il PSG. Bastoni non si nasconde: "È stata una cosa strana. Venivamo da una semifinale storica, ma loro andavano al doppio. È come se non avessimo colto subito quanto fossero forti". Rimane l’amarezza, ma anche l’orgoglio: due finali in tre anni non sono un traguardo banale. E soprattutto rimane la spinta e la voglia di ritentare: "Non abbiamo dormito per giorni, ma il calcio ti dà sempre un'altra occasione. Quando passa il tempo ti dici: ci voglio riprovare. Con un gruppo sano è tutto più facile".