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SHOW TIME - Gino Rivieccio su "NM": "Insigne e il Napoli, il triste addio"
06.01.2022 19:17 di Redazione

NAPOLI - “Dincello a papà: nuje ce ne turnamme ‘a casa!“. Credo che dietro l’epilogo della love story tra Dela e Insigne ci sia un genitore: non il padre di Lorenzo, spesso tirato in causa nelle scelte del figlio, ma questo avvertimento pronunciato il 5 novembre del 2019 a Edo De Laurentiis nel ventre del San Paolo dopo la partita col Paris St. Germain, che preludeva al famoso ammutinamento della squadra di cui il capitano si fece portavoce. Un comportamento mai metabolizzato dal presidente che sappiamo tutti quali conseguenze legali ed economiche ha avuto su alcuni giocatori e avrà anche sul fuoriclasse di Frattamaggiore appena metterà piede nella splendida villa di fronte al lago Ontario. Resta il dispiacere per una vicenda che andava gestita meglio e prima. Dalla società, che evidentemente non gli ha mai perdonato certi atteggiamenti e non lo ha mai considerato una bandiera, ma anche dall’entourage del calciatore che ha ostentato con tanto di firma sciorinata in un hotel di Roma il supermilionario accordo. Che per stile e forma si sarebbe potuto pure perfezionare 72 ore dopo nel lussuoso attico di via Orazio, lontano da telecamere e occhi indiscreti,  evitando l’ennesima spaccatura nella tifoseria, tra chi da oggi lo considera il nuovo Giudain e chi lo difenderà sempre dai diktat del presidente che lo avrebbe mortificato e non lo avrebbe mai considerato come avrebbe meritato. La vicenda si chiude tristemente con un finale che a poche ore dalla delicata sfida dell’Allianz si doveva evitare, per i tifosi e per la squadra, di cui posso immaginare lo stato d’animo. Ma soprattutto con innegabili e inevitabili strascichi velenosi che si protrarranno da qui alla fine del campionato a cominciare da domenica pomeriggio al Maradona quando Spalletti, tra un tampone e l’altro, contro la Samp per quieto vivere, preferirà presumibilmente rinunciare all’ex capitano del Napoli. Certo sbarazzarsi così di un campione europeo non sarà facile da digerire e credo che la vicenda questa volta segni una linea di demarcazione tra il passato e il futuro della società, che agli occhi di troppi tifosi ha sempre oscurato i leader e i capitani azzurri sia pure con modalità diverse. Un vero peccato nel momento in cui si deve difendere il piazzamento Champions e combattere i disagi del Covid oltre alle forzate assenze di quelli impegnati in Coppa d’Africa. Forse Omicron ha davvero salvato Spalletti che per due settimane sarà fuori dalla mischia e dalla cicuta e non dallo champagne che inesorabilmente si è versata in calce all’ultima pagina della separazione tra Insigne e il Napoli. Fossi in Lorenzo, toglierei dall’impiccio tecnico e squadra frequentando qualche “positivo” fino al 31  gennaio. Al posto del tecnico toscano mi augurerei che la Lega sospenda per 20 giorni il campionato con buona pace di tutti. Insomma anche in questa vicenda sarà il Covid a mettere in quarantena ripicche, fibrillazioni e veleni. Ma non un idillio tra la città e un suo figlio, considerato legittimo dagli altri ma non da tutti i napoletani. 

 

 

Gino Rivieccio

 

Napoli Magazine
 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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di Napoli Magazine

06/01/2024 - 19:17

NAPOLI - “Dincello a papà: nuje ce ne turnamme ‘a casa!“. Credo che dietro l’epilogo della love story tra Dela e Insigne ci sia un genitore: non il padre di Lorenzo, spesso tirato in causa nelle scelte del figlio, ma questo avvertimento pronunciato il 5 novembre del 2019 a Edo De Laurentiis nel ventre del San Paolo dopo la partita col Paris St. Germain, che preludeva al famoso ammutinamento della squadra di cui il capitano si fece portavoce. Un comportamento mai metabolizzato dal presidente che sappiamo tutti quali conseguenze legali ed economiche ha avuto su alcuni giocatori e avrà anche sul fuoriclasse di Frattamaggiore appena metterà piede nella splendida villa di fronte al lago Ontario. Resta il dispiacere per una vicenda che andava gestita meglio e prima. Dalla società, che evidentemente non gli ha mai perdonato certi atteggiamenti e non lo ha mai considerato una bandiera, ma anche dall’entourage del calciatore che ha ostentato con tanto di firma sciorinata in un hotel di Roma il supermilionario accordo. Che per stile e forma si sarebbe potuto pure perfezionare 72 ore dopo nel lussuoso attico di via Orazio, lontano da telecamere e occhi indiscreti,  evitando l’ennesima spaccatura nella tifoseria, tra chi da oggi lo considera il nuovo Giudain e chi lo difenderà sempre dai diktat del presidente che lo avrebbe mortificato e non lo avrebbe mai considerato come avrebbe meritato. La vicenda si chiude tristemente con un finale che a poche ore dalla delicata sfida dell’Allianz si doveva evitare, per i tifosi e per la squadra, di cui posso immaginare lo stato d’animo. Ma soprattutto con innegabili e inevitabili strascichi velenosi che si protrarranno da qui alla fine del campionato a cominciare da domenica pomeriggio al Maradona quando Spalletti, tra un tampone e l’altro, contro la Samp per quieto vivere, preferirà presumibilmente rinunciare all’ex capitano del Napoli. Certo sbarazzarsi così di un campione europeo non sarà facile da digerire e credo che la vicenda questa volta segni una linea di demarcazione tra il passato e il futuro della società, che agli occhi di troppi tifosi ha sempre oscurato i leader e i capitani azzurri sia pure con modalità diverse. Un vero peccato nel momento in cui si deve difendere il piazzamento Champions e combattere i disagi del Covid oltre alle forzate assenze di quelli impegnati in Coppa d’Africa. Forse Omicron ha davvero salvato Spalletti che per due settimane sarà fuori dalla mischia e dalla cicuta e non dallo champagne che inesorabilmente si è versata in calce all’ultima pagina della separazione tra Insigne e il Napoli. Fossi in Lorenzo, toglierei dall’impiccio tecnico e squadra frequentando qualche “positivo” fino al 31  gennaio. Al posto del tecnico toscano mi augurerei che la Lega sospenda per 20 giorni il campionato con buona pace di tutti. Insomma anche in questa vicenda sarà il Covid a mettere in quarantena ripicche, fibrillazioni e veleni. Ma non un idillio tra la città e un suo figlio, considerato legittimo dagli altri ma non da tutti i napoletani. 

 

 

Gino Rivieccio

 

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