Emergono nuovi dettagli attorno alla vicenda dell'omicidio di Totò Bellocco, il rampollo di una delle più importanti famiglie di 'ndrangheta di Milano, per il quale è stato arrestato lo storico leader della Curva Nord dell'Inter, Andrea Beretta. Come riporta Il Corriere della Sera, chi indaga avrebbe dei dubbi sulla versione fornita da Beretta e sospetta che il capo ultrà nerazzurro possa aver inscenato il proprio ferimento per dar credito alla sua versione della legittima difesa.
Beretta, stando al racconto da lui fornito agli inquirenti, girava da tempo armato di una pistola, detenuta illegalmente, perché temeva per la propria vita. Bellocco, al momento del loro incontro all'interno di una Smart nel parcheggio di una palestra di Cernusco sul Naviglio, lo avrebbe disarmato e gli avrebbe sparato, prima che Beretta reagisse accoltellandolo numerose volte e uccidendolo con un'altra arma che aveva con sé, un coltello a serramanico.
Una versione che non convince gli inquirenti, che sospettano che il capo ultrà si sia sparato al fianco da solo per inscenare l'aggressione e provare a rendere meno grave la sua posizione. Le immagini delle telecamere di sorveglianza mostrano la Smart partire in retromarcia, per poi scattare improvvisamente in avanti e infine fermarsi davanti all'ingresso delle palestra. Dall'auto, ferito, esce solamente Beretta, mentre Bellocco resta riverso sui sedili. La pistola è stata rinvenuta proprio sul sedile, dietro la schiena della vittima, senza colpo in canna e senza caricatore, rinvenuto sull'asfalto a pochi metri di distanza. Una circostanza che ha da subito fatto insospettire chi si occupa delle indagini.
Bellocco, 36 anni, era figlio di uno dei boss più importanti del clan ‘ndranghetista di Gioia Tauro e negli ultimi tempi aveva acquisito molto potere all’interno dei gruppi ultras dell'Inter. Si parla di una vera e propria scalata alle attività che ruotano intorno al tifo organizzato nerazzurro, a danno dei leader storici come appunto Beretta.
di Napoli Magazine
05/09/2024 - 12:42
Emergono nuovi dettagli attorno alla vicenda dell'omicidio di Totò Bellocco, il rampollo di una delle più importanti famiglie di 'ndrangheta di Milano, per il quale è stato arrestato lo storico leader della Curva Nord dell'Inter, Andrea Beretta. Come riporta Il Corriere della Sera, chi indaga avrebbe dei dubbi sulla versione fornita da Beretta e sospetta che il capo ultrà nerazzurro possa aver inscenato il proprio ferimento per dar credito alla sua versione della legittima difesa.
Beretta, stando al racconto da lui fornito agli inquirenti, girava da tempo armato di una pistola, detenuta illegalmente, perché temeva per la propria vita. Bellocco, al momento del loro incontro all'interno di una Smart nel parcheggio di una palestra di Cernusco sul Naviglio, lo avrebbe disarmato e gli avrebbe sparato, prima che Beretta reagisse accoltellandolo numerose volte e uccidendolo con un'altra arma che aveva con sé, un coltello a serramanico.
Una versione che non convince gli inquirenti, che sospettano che il capo ultrà si sia sparato al fianco da solo per inscenare l'aggressione e provare a rendere meno grave la sua posizione. Le immagini delle telecamere di sorveglianza mostrano la Smart partire in retromarcia, per poi scattare improvvisamente in avanti e infine fermarsi davanti all'ingresso delle palestra. Dall'auto, ferito, esce solamente Beretta, mentre Bellocco resta riverso sui sedili. La pistola è stata rinvenuta proprio sul sedile, dietro la schiena della vittima, senza colpo in canna e senza caricatore, rinvenuto sull'asfalto a pochi metri di distanza. Una circostanza che ha da subito fatto insospettire chi si occupa delle indagini.
Bellocco, 36 anni, era figlio di uno dei boss più importanti del clan ‘ndranghetista di Gioia Tauro e negli ultimi tempi aveva acquisito molto potere all’interno dei gruppi ultras dell'Inter. Si parla di una vera e propria scalata alle attività che ruotano intorno al tifo organizzato nerazzurro, a danno dei leader storici come appunto Beretta.